Alcune ricerche scientifiche hanno indagato i motivi del successo del «pettegolezzo».
E hanno scoperto che commentare i fatti degli altri in una certa misura potrebbe aiutare a gestire la propria vita
di Elena Meli
Corriere della Sera/Salute, 17 agosto 2019
Gli affari degli altri
Durante l’estate le riviste di gossip fanno faville: chi non le legge almeno una volta nei momenti di relax per evadere dalle solite preoccupazioni? O magari si accontenta di dare un’occhiata a quella del vicino di ombrellone? Farsi gli affari degli altri però non è soltanto uno dei piaceri del dolce far niente vacanziero, ma un’abitudine che tutti coltiviamo dodici mesi l’anno. Senza distinzione di genere, in barba agli stereotipi: le donne hanno la lingua lunga e adorano chiacchierare, ma pure gli uomini non disdegnano affatto il pettegolezzo, anzi. Lo ha messo nero su bianco uno studio scientifico, condotto all’università di Riverside in California da una psicologa, Megan Robbins, che ha cercato di capire a fondo come ci comportiamo quando vogliamo sparlare di qualcuno: per riuscirci, ha piazzato una specie di orecchio elettronico su circa cinquecento volontari disposti a farsi spiare le conversazioni.
L’esperimento
Lo strumento ha registrato il 10 per cento delle chiacchierate quotidiane dei partecipanti, che poi sono state riascoltate e analizzate dai ricercatori; è stato classificato come gossip qualsiasi dialogo in cui si parlasse di altre persone, non presenti, perché come spiega Robbins: «Non abbiamo voluto dare un giudizio morale su quel che viene detto, ma soltanto tenere conto della caratteristica principale del gossip, ovvero parlare di qualcuno che non c’è». È la definizione «accademica» del pettegolezzo e adottandola è chiaramente impensabile trovare qualcuno che non vi ceda mai: in quel caso significherebbe che si parla di un amico, di un familiare, ma anche di un personaggio pubblico o di una celebrità solo in sua presenza.
Dialoghi neutri
Ecco perché poi Robbins ha anche esaminato il tipo di discorsi fatti nelle oltre 4mila conversazioni identificabili come gossip: in tre quarti dei casi si tratta di dialoghi neutri, in cui ci si scambiano informazioni su altre persone, ma quando le chiacchiere prendono una piega diversa dalla neutralità scivolano nelle malignità quasi il doppio delle volte. Nell’indagine, i dialoghi con pettegolezzi negativi sono stati il 15 per cento, contro il 9 per cento dei casi in cui le dicerie nei confronti degli assenti erano positive.
Sessi pari merito
I risultati peraltro non lasciano adito a dubbi, siamo tutti un po’ chiacchieroni: in media infatti passiamo il 14 per cento del tempo parlando di qualcuno che non c’è, ovvero ben 52 minuti al giorno a commentare i fatti altrui, sparlare di qualche vip o semplicemente dire qualcosa che non ci riguarda in prima persona. E non sono le donne a essere più «linguacciute», fa notare l’autrice dello studio: «Le donne parlano effettivamente più degli uomini, ma solo se teniamo conto delle conversazioni neutrali. Considerando il gossip in negativo entrambi i sessi sono a pari merito e lo stesso vale per le persone di estrazione sociale elevata e quelle meno abbienti: chi è ricco e colto sparla tanto quanto chi è più povero e ha studiato poco». Il pettegolezzo insomma è democratico; semmai piace di più a chi è molto estroverso, che chiacchiera in generale parecchio di presenti e assenti, e ai giovani, che peraltro tendono più spesso alle maldicenze e sono meno propensi a parlar bene di chi non c’è. E con buona pace delle riviste scandalistiche che si occupano della vita pubblica e privata dei vip, si tende a parlare, nel bene e nel male, soprattutto di chi conosciamo: nel 91 per cento dei casi il gossip riguarda amici, parenti, colleghi, oppure i classici vicini di casa.
Ordine sociale
Ma tutto questo chiacchiericcio che effetti ha sulle nostre vite? In qualche misura si potrebbe dire che ha anche qualche risvolto positivo, a seconda dell’uso che se ne fa. Una ricerca dell’università di Berkeley ha suggerito che potrebbe essere funzionale a mantenere l’ordine sociale e a farci sentire meglio, se sparliamo di qualcuno che secondo noi si è comportato in modo sbagliato: condividere le informazioni che abbiamo infatti riduce la frustrazione personale di fronte a chi riteniamo scorretto. Insomma la vecchia storia che se diamo un giudizio negativo sull’operato di un’altra persona automaticamente ci sentiamo migliori (ma per questa «scoperta» non servivano grandi studi…).
Effetto riflessione
Volendo portare il ragionamento all’estremo, c’è chi sostiene che ascoltare pettegolezzi poco edificanti sui successi o i fallimenti altrui potrebbe avere esiti non sempre disdicevoli. Un gruppo di ricercatori olandesi ha infatti osservato, conducendo esperimenti su alcuni volontari, che ascoltare storie negative sugli altri ci aiuta ad adattarci all’ambiente sociale in cui viviamo, rivela potenziali minacce e alla fine sprona a riflettere su noi stessi. «Quando ascoltiamo gossip implicitamente ci confrontiamo con chi è oggetto delle chiacchiere e ne traiamo spunto per pensare al nostro posto nella cerchia sociale, dall’ufficio al gruppo di amici, ma anche per crescere, migliorarci oppure creare strategie “difensive” sulla base delle informazioni ricevute, riuscendo così a vivere meglio nella comunità», concludono gli autori.
Le chiacchiere in ufficio
Se c’è un posto dove si sparla spesso e volentieri di Tizio e Caio, quello è l’ufficio. E il pettegolezzo corre perfino sulla posta elettronica: il 15 per cento delle email quotidiane fra colleghi è ascrivibile alla categoria del gossip, stando a una ricerca del Georgia Institute of Technology su circa 600mila messaggi di dipendenti di una grande azienda. Lo studio dimostra anche che le malignità sono tre volte più frequenti delle chiacchiere positive e pare che lo scambio di dicerie sia più comune fra i lavoratori di grado inferiore, ma di nuovo non è detto che sia sempre e per forza negativo: un’indagine dell’Università dell’Indiana ha dimostrato che saper gestire bene le chiacchiere fra colleghi può rivelarsi perfino un trampolino di lancio per migliorare la propria reputazione, perché il gossip aziendale non è altro che una forma di manifestazione del potere. Fare attenzione a quel che viene detto e capire chi ha le redini del gioco o chi viene velatamente criticato può essere insomma un’arma in più per muoversi al meglio in ufficio e far carriera.