CHIRURGIA DEL COLONRETTO – CHIRURGIA GENERALE Teramo

Dipartimento Chirurgico

U.O.C. CHIRURGIA GENERALE Teramo (aggiornato 01.2024)

Dott. Ettore Colangelo

CHIRURGIA DEL COLONRETTO - CHIRURGIA GENERALE Teramo

Anatomia del colon-retto

Il colon e il retto (il cosiddetto “grosso intestino”) rappresentano la parte terminale del tubo digerente, che finisce nel canale anale. Nel colon avviene il riassorbimento dei liquidi ingeriti e la concentrazione del residuo fecale, che viene spinto da contrazioni peristaltiche fino al retto, che ne consente l’evacuazione volontaria. Il colon si divide nei seguenti segmenti:

  • colon destro, di cui si distinguono:
  • il cieco, situato in corrispondenza della parte inferiore destra dell’addome, nel quale sbocca il piccolo intestino. A tale livello è situata l’appendice, frequente sede di processi infiammatori
  • il colon ascendente: che decorre verticalmente lungo il fianco destro
  • colon trasverso: attraversa orizzontalmente la parte alta dell’addome da destra a sinistra
  • colon sinistro (che comprende colon discendente e sigma) che scende dall’angolo superiore sinistro dell’addome verso la pelvi
  • retto: è la parte terminale che attraversa lo scavo pelvico e giunge fino all’ano. Lungo il suo decorso viene a contatto con importanti strutture anatomiche, come gli ureteri, i vasi iliaci, la vagina (nelle donne), la prostata e le vescicole seminali (nell’uomo). E’ circondato da una struttura adiposa contenente i vasi linfatici, chiamata mesoretto, che è in stretto rapporto con i nervi ipogastrici, che regolano la funzione minzionale e sessuale. Il retto funge da serbatoio che immagazzina le feci e che poi può evacuare secondo volontà.

Le resezioni colorettali

A seconda della sede della lesione e della sua natura (diverticoli, tumore benigno, tumore maligno, malattia infiammatoria localizzata o diffusa) le resezioni del colon prevedono l’asportazione di un segmento più o meno lungo di intestino. Generalmente, tuttavia, i limiti della resezione sono costanti in quanto definiti dalla vascolarizzazione del colon stesso: infatti, interrompendo le arterie e le vene dirette al tratto di colon interessato dalla malattia è necessario asportare tutto il segmento che rimane privo dell’apporto di sangue. Inoltre, in caso di tumore, la sezione del colon deve essere eseguita a debita distanza, lasciando un margine adeguato di tessuto sano.

Dopo aver asportato un segmento intestinale, la continuità del tubo digerente viene ristabilita suturando fra loro i due capi sezionati. Questa sutura (detta anastomosi) può essere realizzata con modalità diverse a seconda della posizione con cui si affrontano i due monconi e del materiale utilizzato. L’anastomosi può essere eseguita manualmente (con filo di sutura riassorbibile) o con particolari strumenti chirurgici (suturatrici meccaniche) che uniscono le pareti intestinali applicando una o più file di sottili graffette metalliche. In alcune situazioni (come per le anastomosi eseguite in prossimità del canale anale e negli interventi laparoscopici) l’uso delle suturatrici meccaniche è spesso indispensabile per la realizzazione dell’intervento stesso con intento di preservare la funzione dell’ano.

Gli interventi resettivi eseguiti sul colon-retto sono classificati in base al tratto di colon asportato:

 

 

 

  • Emicolectomia destra : consiste nell’asportazione dell’ultima ansa dell’intestino tenue, di tutto il colon destro (cieco e ascendente) e della porzione iniziale del colon traverso. E’ l’intervento eseguito per lesioni localizzate nel cieco o nel colon ascendente.

 

 

 

 

 

 

  • Colectomia sinistra : asportazione di quasi tutto il colon discendente e del sigma fino al limite con il retto, per lesioni localizzate nel colon sinistro.

 

 

 

 

 

Entrambi questi tipi di resezione possono essere allargate al colon traverso, qualora la lesione da asportare sia localizzata in tale tratto o nelle sue immediate vicinanze.

  • Resezioni coliche segmentarie, più limitate, possono essere eseguite in casi particolari. Le più frequenti sono la sigmoidectomia (asportazione limitata al sigma), cui si ricorre per il trattamento della malattia diverticolare che in genere colpisce prevalentemente questo tratto di colon, e la resezione di colon trasverso.
  • Colectomia totale o sub-totale: asportazione di tutto il colon (destro, trasverso e sinistro) a volte estesa anche al retto (proctocolectomia totale), con ricongiungimento dell’intestino tenue al retto o direttamente all’ano. L’indicazione a questo intervento viene posta nel caso di malattie (generalmente benigne) che interessano diffusamente il colon in tutta la sua estensione.

  • Resezione anteriore del retto: è l’asportazione parziale o completa del retto eseguita per una lesione localizzata in tale sede. Per le ragioni anatomiche citate sopra l’intervento deve sempre essere associato ad una asportazione di parte del colon sinistro mentre, verso il basso, il limite della resezione può cadere poco a valle della lesione. Particolarmente importante, nelle neoplasie maligne, è l’asportazione del mesoretto, che può contenere diffusione della malattia E’ importante sottolineare il fatto che l’asportazione del retto comporta alterazioni della funzione defecatoria: l’assenza del serbatoio può determinare più evacuazioni al giorno; spesso la defecazione è frazionata, ossia avviene a più riprese. Tali problemi sono accentuati da una eventuale radioterapia preoperatoria. Con il passare del tempo tali sintomi tendono comunque a migliorare. I suddetti problemi sono tanto maggiori quanto più ampia è stata l’asportazione del retto. La continenza a gas e feci non è generalmente alterata dall’operazione nei casi in cui la ricostruzione è abbastanza alta, ma può essere compromessa nei casi con una ricostruzione molto bassa, nel paziente anziano e dopo radioterapia preoperatoria.

 

  • Amputazione del retto per via addomino-perineale (intervento di Miles). Per le lesioni localizzate nella porzione più bassa del retto, in vicinanza dell’ano, può essere necessario asportare oltre al retto anche lo sfintere e il canale anale, completando l’intervento con la creazione di una deviazione intestinale (colostomia) definitiva. Questa procedura, giustificata soprattutto in caso di tumore maligno, viene eseguita sempre meno frequentemente grazie allo sviluppo di nuove terapie e di tecnologie che consentono di limitare sempre più la resezione intestinale preservando la funzione sfinteriale.
  • Enterostomie (deviazioni intestinali): a parte il caso dell’amputazione del retto, in cui viene confezionata una colostomia terminale definitiva, la creazione di una enterostomia (più precisamente ileostomia o colostomia a seconda del tratto di intestino utilizzato per l’abboccamento alla cute) può essere indicata nelle seguenti situazioni:
  1. rischio di deiscenza (mancata o incompleta cicatrizzazione) dell’anastomosi intestinale
  2. occlusione intestinale non immediatamente risolvibile mediante l’asportazione del segmento colico interessato, con necessità di deviare temporaneamente il contenuto intestinale.
  3. radio-chemioterapia preoperatoria

In questi casi si tratta di una stomia temporanea della quale, una volta risolto il problema critico, si potrà programmare la chiusura per ripristinare la continuità intestinale.

 

Chirurgia tradizionale e chirurgia mini-invasiva

Tradizionalmente, gli interventi di resezione colorettale richiedono un’ampia incisione mediana.

Nell’ultimo ventennio sono state sviluppate tecniche meno invasive che sostituiscono all’incisione piccoli fori attraverso i quali si introducono una telecamera e gli strumenti chirurgici necessari per l’intervento, che il chirurgo esegue osservando le immagini proiettate su un monitor televisivo. Con tale tecnica, detta “laparoscopica”, è oggi possibile eseguire anche interventi complessi come quelli sul colon-retto, limitando l’incisione addominale allo stretto necessario per estrarre il segmento di colon asportato. I vantaggi della chirurgia laparoscopica non sono soltanto di ordine estetico (aspetto che per alcuni interventi, come ad esempio in chirurgia oncologica, non viene considerato rilevante) ma riguardano soprattutto il decorso postoperatorio che risulta meno doloroso e che consente una più rapida ripresa delle funzioni intestinali e quindi dell’alimentazione. Ciò si traduce in un maggior comfort per il paziente e nella riduzione dei tempi di degenza ospedaliera. I risultati funzionali e oncologici sono sovrapponibili. In chirurgia colorettale, tuttavia, non tutti gli interventi sono affrontabili per via laparoscopica, per la cui indicazione il chirurgo deve prendere in considerazione fattori legati al paziente, alla patologia da cui è affetto e al tipo di intervento previsto. Va inoltre considerato che, trattandosi di un intervento tecnicamente complesso, la probabilità di dover comunque ricorrere all’incisione tradizionale (“conversione laparotomica”) si presenta in una discreta percentuale di (circa il 10-20%), ma soprattutto in presenza di particolari fattori di rischio quali l’obesità, precedenti interventi chirurgici sull’addome o in caso di tumore maligno voluminoso o che infiltri organi adiacenti; spesso anche malattie infiammatorie quali la malattia diverticolare o le malattie infiammatorie intestinali possono presentare dei quadri locali estremamente complessi tali da richiedere una conversione in chirurgia aperta.

 

 

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